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L'art ambassador

L’ART AMBASSADOR

LA VENDITA, IL MESSAGGIO, IL VALORE

  1. I cannibali
  2. Come divenire ambasciatore
  3. L’arte e la cultura inconsce
  4. Il venditore. Perché vende?
  5. Lo smercio, lo spaccio, il commercio. L’industria e la sua arte
  6. La fiaba, la fabula e la saga. La scrittura della vendita
  7. L’art ambassador e i prodotti del secondo rinascimento: la vendita, la comunicazione, il messaggio
  8. La parola e i dispositivi di forza
  9. L’indulgenza e la vendita
  10. La generosità e l’odio del tempo. E non c’è più mentalità
  11. Perché non si può barare con la domanda
  12. La vendita e il superfluo
  13. Il dispositivo di compravendita. Chi acquista e che cosa

 Il dispositivo di compravendita. Chi acquista e che cosa

Ruggero Chinaglia Il dispositivo della vendita è in realtà un dispositivo di compravendita: non c’è vendita senza acquisto. E cosa viene acquistato o acquisito? L’acquisto è acquisto in qualità.
L’acquisto segue la domanda, esige la domanda e è acquisto in qualità. Questa è la missione dell’art ambassador. Sia per sé sia per il cliente. In ciascun caso, il dispositivo della compravendita è dispositivo di valore. E il valore di cui si tratta sta nella scommessa che si formula con ciascun cliente. Non è una scommessa una tantum, né la solita scommessa. Nessuna abitudine alla scommessa. Ma, senza la scommessa ognuno si trova nella routine, nel quotidiano, nelle solite cose, nel già visto e nel già previsto.
Venditore e cliente non hanno nessun valore in comune, non sono accomunati da niente non sono complici in niente. Qualora s’instaurasse una qualsiasi forma di complicità, la vendita ne sarebbe compromessa, rimandata, rinviata, preclusa.

La vendita non è mai reale.
/…/ Che ne è dell’impresa senza la vendita? Che ne è della ricerca senza la vendita e la sua scrittura? Scrittura della ricerca, scrittura dell’impresa, scrittura della vendita, scrittura che esige il dispositivo del transfert.

Il tabù della vendita si pone come tabù della transitività, come tabù della realizzazione della relazione sociale. Ma, non c’è necessità di questo tabù, perché la relazione è originaria, non sociale, e non può transitivizzarsi nella sua forma eminente che è l’incesto, la fantasia d’incesto. Il tabù della vendita è il tabù dell’incesto, ossia il tabù che si istituisce sull’idea della transitività, della transitività della relazione, della transitività dell’atto, dunque dell’incesto come possibile. Ma la vendita non è transitiva, non c’è chi si venda o venda qualcosa.
La vendita e l’acquisto: dispositivo dello scambio. La vendita non è un fine, è senza finalismo. La vendita è un’esigenza dell’art ambassador, è un’esigenza del transfert, è un’esigenza del dispositivo di qualità, perché trae con sé la scrittura, la clinica, dunque la cifra. La vendita è l’altro nome del transfert. E dunque la vendita è art ambassador.

Commercio, disciplina, vendita sono le basi della scrittura: scrittura del commercio, dunque scrittura sintattica, scrittura della disciplina, dunque scrittura frastica, scrittura della vendita, dunque scrittura pragmatica. Che cosa si scrive se non ciò che entra nel commercio, nella disciplina e nella vendita? Che cosa, se non questo, si dirige alla cifra? Questa è la scommessa di chi si trova nell’esperienza di parola, questa è la scommessa dell’art ambassador. Art ambassador: lo statuto intellettuale. Art ambassador: il transfert. […], perché ciascuno non può non trovarsi nello statuto di ambasciatore. L’ambasciatore: ossia dal disagio alla cifra, dove l’ambasciatore non è l’Altro, anche se non può prescindere dall’Altro, non può abolirlo, non può toglierlo, non può espungerlo. Allora chi, chi non si è sentito disturbato, ma sollecitato per qualche aspetto da quanto abbiamo detto questa sera? […]

È chiaro che chi “si risparmia” e si amministra attraverso l’ideologia del realismo, quindi dei soldi reali, in un certo qual modo partecipa di una fantasia di somministrarsi la morte, con parsimonia, ma con costanza; anche negandosi tutto ciò che non sia conforme al sacrificio dell’uomo. Che ne è dell’homo mortalis senza il sacrificio? Sarebbe imbarazzante, no? Un homo mortalis che non segua le tribolazioni della valle di lacrime sarebbe veramente imbarazzante, sarebbe fuori luogo, assolutamente al di fuori della prescrizione canonica. Quindi, ognuno si attiene a questo dettato delle tribolazioni, del sudore, ecc. Ma, senza questa credenza, senza questa gnosi, senza l’attribuzione di questo fine alla vita, di questo scopo, che ne è della vita senza il fatalismo dello scopo? Questo è materia d’indagine, materia cifrematica, materia della parola, materia dell’avvenire. Possiamo dire che l’avvenire avviene senza questo scopo, altrimenti non c’è più l’avvenire, ma c’è lo scopo. Quindi, l’attribuzione dello scopo alla vita toglie alla vita l’avvenire e la rende predestinata. Non è un granché. Ecco, dunque, la questione dell’art ambassador, che è la questione del nostro avvenire, e questa è una questione interessante.

Il tabù della vendita è tuttavia una caratteristica dell’epoca. Il tabù della vendita caratterizza il funzionario. Chi è il funzionario? Il difensore per antonomasia del discorso comune: il conformista, o il suo contrario, l’anticonformista, partecipi entrambi dell’alternativa esclusiva.
/…/ Arroganza e vittimismo sono propriamente due elementi che negano il dispositivo intellettuale e dunque anche il dispositivo della compravendita, perché quanto abbiamo sin qui chiamato dispositivo di vendita è in realtà dispositivo di compravendita, cioè non c’è vendita senza acquisto. Ma cosa viene acquistato o acquisito? Il prodotto? No! L’acquisto è acquisto in qualità; l’acquisto segue la domanda, esige la domanda ed è acquisto in qualità. Non di qualità! In qualità! E questo acquisto in qualità è la missione dell’art ambassador. Ma dunque non per sé stesso. Per sé e anche per il cliente. Il cliente, se non acquista in qualità, non acquista nulla. E dunque, in ciascun caso, il dispositivo della compravendita è il dispositivo di valore; e il valore di cui si tratta non è già determinato, non è il valore stabilito per le cose, è il valore che sta nella scommessa che si formula con ciascun cliente.

Quindi, il valore non è già dato. L’art ambassador non vende il valore, e il cliente non acquista il valore; acquista in valore per quel valore che si produce nel dispositivo della compravendita, che dunque è valore che non c’è già, deve prodursi, deve prodursi nel dispositivo e non è già dato, non è già avvenuto che si produca. Quindi, occorre la scommessa e occorre anche tutto ciò perché la scommessa si compia, si compia nella produzione di valore; e questa scommessa non è scommessa una tantum che vale, dunque, per tutti i clienti, non è la solita scommessa, è la scommessa che investe, per dir così, il dispositivo con ciascun cliente. Dunque, non è mai la stessa scommessa, non è una scommessa per abitudine; non c’è abitudine alla scommessa, che è scommessa intellettuale, è scommessa, dunque, di valore sul valore.

 


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