Da giovedì 2 settembre 2004, alle ore 21,00, nella Sala Ex Chiesa delle Zitelle, in Via Ospedale 26, a Padova, organizzate dall’Associazione cifrematica di Padova, con il Patrocinio del comune di Padova e della Regione Veneto, riprendono le conferenze con dibattito dirette dal dott. Ruggero Chinaglia, medico, psicanalista, cifrematico, nel quadro degli incontri sul tema
LA SCIENZA NUOVA – seconda serie
Questi incontri rappresentano l’occasione per parlare di vari argomenti, con gli strumenti della logica e della procedura della parola originaria e dell’esperienza che ciascuno fa di essa nel proprio itinerario intellettuale. I dibattiti offrono indicazioni affinché ciascuno possa formulare il progetto di vita, facendo emergere le varie questioni che sembrano “impedire” che il progetto s’instauri e che si stabilisca un programma per esso. A impedire che un progetto si affermi sono soprattutto fantasmatiche di vario tipo: l’idea dei propri limiti, la paura di sbagliare, i ricordi spiacevoli, i pregiudizi su di sé e sugli altri, l’invidia, l’idea di competizione, ecc. Seguendo questi dibattiti si può intendere che nulla è dato per scontato, che le esperienze non sono né belle né brutte, un’altra idea di sé e del limite, un’altra logica, un altro tempo, diverso da quello misurabile, un altro modo di fare le cose.
Giovedì 02 settembre 2004, Dalla metafora della sofferenza alla clinica del superfluo
Perché negare la sessualità? Ciascun discorso di padronanza, ben rappresentato anche dagli apparati di controllo sociale, tenta di sovrastare la sessualità come un pericolo. Qual è il pericolo? Dall’idea d’incesto a quella di violenza, il tentativo di padroneggiare il tempo tenta di contrastare la sessualità. Ogni soggetto contrasta la sessualità con i suoi mezzi e con i suoi strumenti: sorgono così le turbe sessuali: rappresentazioni del presunto impedimento alla sessualità che il discorso comune rappresenta come impotenza o frigidità per/nell’atto sessuale. Ma, qual è l’atto sessuale? La negazione della sessualità procede per esempio nel pensare che la decisione sia sempre da prendere, per ogni cosa da fare: si tratterebbe cioè decidere se fare o non fare. Questo è un esempio di espulsione della sessualità. Il programma esige di fare, non di stare a pensare se fare o non fare. La sessualità è politica del tempo, dell’altro tempo; politica del fare. Perché l’impresa, che è del tempo, si compia, concluda alla cifra. Togliere l’impresa è togliere la sessualità; e non c’è da sorprendersi se i dispositivi dell’impresa, i dispositivi sessuali, non s’instaurano o naufragano: tra essi il matrimonio, che è il dispositivo sessuale dove marito e moglie non fanno mai coppia.
Giovedì 9 settembre 2004, La clinica del superfluo
Il dispositivo sessuale è non condivisibile. La sessualità è non condivisibile. Non è comune, non è di coppia, non è individuale, non è personale. Sessuale è ciò che segue al tempo. È la differenza incolmabile e insuperabile. È la variazione immisurabile. Il cosiddetto discorso psicotico si appunta proprio su questa non condivisione. La clinica del superfluo è la clinica di ciò che eccede, deborda, straripa, delira, di ciò che è incontenibile e che, proprio per questa natura, struttura, è ignoto e inclassificabile. Non appartiene a categorie umane o umanizzabili. Il superfluo è proprietà dell’arte, della cultura, dell’invenzione, della differenza, della variazione, della politica, dell’intelligenza, della musica, della strategia, del calcolo. Di ciò che non è quantificabile e entra nel processo intellettuale. La clinica sta nel processo di cifratura, tra la scrittura e la cifra, tra il compimento, la conclusione, la cifra. Esige il sembiante come condizione, il tempo, l’occorrenza, l’impresa, l’intervallo, la molteplicità.
Giovedì 16 settembre 2004, Nutrimento e alimentazione
Cos’è nutrimento? Cos’è alimentazione? Quale la differenza tra questi due termini? Per lo più si intende l’alimentazione come l’apporto di energia all’organismo con il cibo, che deve servire ad affrontare la giornata lavorativa e non, i vari impegni quotidiani. Si parla di quantità media di calorie, quindi di energia, di cui ciascuno dovrebbe rifornirsi durante il giorno, per compensare o bilanciare il dispendio intellettuale e fisico, pensando il corpo come una macchina termodinamica o come una batteria che si scarica e che deve essere ricaricata continuamente. Risulta impossibile compensare il dispendio intellettuale, che è invece incolmabile. Il cibo non può sostituire il dispendio intellettuale. Per cui, quanto al cibo, si tratta di Altro. Altro cibo, altro nutrimento. Cibo intellettuale come nutrimento intellettuale. Un cibo che non finisce mai e di cui è impossibile saziarsi. Di questo e di molto altro ancora si parla nel corso di questo incontro che è aperto a ciascuno che si interroghi sulle più diverse questioni, per fare una lettura che vada aldilà degli stereotipi e dei luoghi comuni, nel percorso che conduce alla salute, che è soprattutto questione intellettuale. Il discorso occidentale ha sostituito la clinica con due categorie, la nevrosi e la psicosi. Nella nevrosi ha riassunto la legge della parola convertendola nel codificabile e l’etica della parola convertendola nella morale sociale comune, nel decidibile. Nella psicosi ha sostituito propriamente la clinica convertendola con il significabile. Il risultato è una spazializzazione della parola che consente di mantenere il fantasma di padronanza sulla parola.
Giovedì 23 settembre 2004, La genetica e il caso
Recenti episodi, riportati con notevole risalto dai mezzi di comunicazione, che hanno coinvolto alcuni centri di fecondazione assistita e i loro utenti, hanno riproposto in maniera ancor più accentuata alla cittadinanza il dibattito sulla genetica e sulle aspettative che ruotano intorno ad essa. Pensando che la salute e il futuro di ognuno siano scritti in una catena di aminoacidi, la ricerca della genetica si è rivolta verso il tentativo di cambiare, modificare, rimaneggiare il DNA, pensando così di poter cambiare l’origine e il destino di ognuno. L’istanza di qualificazione che il corpo drasticamente e senza mezzi termini afferma attraverso il sintomo mostra l’impossibilità di poter iscrivere la particolarità di ciascuno in qualcosa che è già dato, di poter prevedere e padroneggiare il destino. In assenza di ereditarietà e predestinazione quale altra lettura della genetica si impone con la scienza della parola originaria? Il caso non segue il calcolo delle probabilità. Il caso è unico, irripetibile, non riassumibile: è caso intellettuale. Avviene nell’infinito della parola. Nei secoli è stata tentata una disciplinarizzazione del caso e a tal fine è stato postulato il sistema, dove l’accezione di caso è sovrapponibile a fatalità. Nella parola, non c’è alternativa fra caso e necessità: il caso è frutto della necessità. Necessità non ontologica, ma contingente; la necessità dell’occorrenza. La necessità di fare quel che occorre fare produce il caso di cifra, il caso di qualità. E quindi non c’è attesa del caso. L’attesa del caso è l’immobilismo perché nulla accada, nulla sorprenda, nulla produca meraviglia, nulla solleciti lo sforzo intellettuale; l’attesa è l’abolizione del tempo, pertanto l’abolizione della differenza e della varietà.
Giovedì 30 settembre 2004, La pelle e la mente
Ritenendola per lo più come rivestimento e abito del corpo, ognuno sottopone la propria pelle ai più svariati trattamenti, estetici e non, per poter avere e dare una presunta immagine positiva di sé, a volte cercando di nascondere e di coprire con vari trucchi ciò che ne disturba o ne impedisce la presunta doverosa perfezione.
Attraverso i sintomi, annoverati e classificati dalla medicina come segni di malattia, la pelle lascia trasparire la scrittura del disagio. Impossibile zittire il disagio, che non è una malattia, ma indica l’esigenza che ciascuno ha di qualificare la propria vita e di precisare il suo progetto e il suo programma di vita.
La pelle è importante, e è questione intellettuale. Come ascoltarla?