- ATTIVITÀ ANNO 2002
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- Lo stress e la qualità della vita
- Il cervello
Dal 7 febbraio, ciascun giovedì, ore 21, all’Hotel Biri, Piazzale Stanga, a Padova, incontri con Ruggero Chinaglia medico, analista, cifrematico, intorno al tema
LA CIFREMATICA
Storia, clinica, esperienza
Giovedì 7 febbraio, L’AMORE
Il contributo alla civiltà che ciascuno dà è il contributo al rivolgimento della parola, alla rivoluzione della parola. Per questo contributo non c’è destra o sinistra in quanto tali, e è idiota attestarsi su definizioni ideologiche che hanno l’unico risultato di impedire il rivolgimento della parola. Idiota, ossia generico, senza particolarità, senza la logica particolare che è della parola originaria. Senza la parola originaria i sudditi, ossia i soggetti, si alternano fra destra e sinistra, fanno il giro tondo della sfera, senza lo squarcio, senza la superficie, senza la divisione, senza la piega.
La parola è originaria perché senza origine, né inizia né finisce. Non ha origine che possa venire rappresentata da un luogo o da un segno. Da dove viene, quindi, la parola e dove va.
La parola viene dall’originario e si rivolge alla sua cifra secondo la logica della nominazione, quella logica che con Freud ha cominciato a porsi all’attenzione della civiltà planetaria e che egli chiamò provvisoriamente inconscio. Ciò che non può essere preso e riassunto nella conoscenza, che mai può divenire conoscenza, perché è particolare a ciascuno, a ciascun caso, non segue l’analogia, non può diventare discorso dominante.
Giovedì 14 febbraio, DELL’INDIFFERENZA DELLA MATERIA DI VITA
La vita è vita dell’uomo? La questione vita, ciò che intendiamo come vita è “la vita dell’uomo?”. Perché, se diciamo la vita dell’uomo, già a questa vita abbiamo dato un connotato, a questa accezione di vita; dicendo vita dell’uomo, noi diciamo vita mortale. Allora abbiamo già in pratica vincolato questa accezione di vita alla mortalità, quindi si pone un’altra sfumatura. Come tendere a un medesimo fine? Come stare nel sistema? Quale sistema può universalizzare il suo fine, fino a farlo diventare il fine comune?
Giovedì 21 febbraio, DELL’INDIFFERENZA IN MATERIA D’UMANITÀ
Il divenire non finisce, non ha mai fine né si pluralizza. Il divenire, tra l’avvenimento e l’evento, esige il dire, il fare, la scrittura, la cifratura e ciascuna cosa risulta presa in questo procedimento, quindi mai in sé, mai tale, ma è presa nella procedura, nel procedimento, nella combinazione. E allora la questione dell’umanità senza indifferenza, è la questione stessa della parola originaria. E sorgono delle questioni a questo proposito. Chi si rivolge alla questione intellettuale come esigenza intellettuale, come istanza intellettuale, può essere indifferente, può prescindere in toto o in parte da questa esperienza, dall’esistenza di questa esperienza?
La forma più eminente d’indifferenza è l’indifferenza alla parola originaria, ai suoi modi, ai suoi dispositivi, alla sua complessità.
L’umanità è inaugurata dalla parola originaria e dalla sua esperienza e ha come sua esigenza il divenire intellettuale. Divenire intellettuale, non già essere intellettuale; Il divenire non finisce; tra l’avvenimento e l’evento, esige il dire, il fare, la scrittura, la cifratura. Ciascuna cosa risulta presa in questo procedimento.
Giovedì 28 febbraio, DELL’INDIFFERENZA IN MATERIA DI SALUTE
Intorno alla salute c’è una mentalità che poco ha a che vedere con la questione salute, con ciò di cui si tratta nella salute intesa come questione intellettuale.
La salute non è procurata da qualcuno per qualcun’altro, non è assicurata da qualcuno ad altri, non è somministrata da qualcuno ad altri; è insomma una conquista che esige la sua battaglia, ed esula dai catechismi del benessere o delle rappresentazioni sociali del vivere. La salute s’instaura dove la mortalità è dissipata. La mortalità, abbiamo visto che è una fantasmatica. Non può instaurarsi la salute dove prevalga invece l’idea, il criterio della mortalità, la soggezione alla mortalità, la sudditanza alla mortalità, la dipendenza dalla mortalità.
Giovedì 7 marzo, DELL’INDIFFERENZA IN MATERIA DI AVVENIRE
Non si vive né nel presente né nel passato, né nel futuro; si vive nell’avvenire, ciascuno vive nell’avvenire. Tolto l’avvenire, ognuno è un morto vivente, è già morto. La parola non può mai essere confiscata a meno che non vi sia la presunzione di conoscenza di ciò che accade. Non c’è chi sappia cosa dice o cosa pensa. L’esperienza dell’analisi lo dimostra. Questa presunta conoscenza, questa presunta coscienza è ben lungi dal costituire una base intellettuale, una base per vivere. Eppure c’è costantemente questa istigazione alla conoscenza, alla coscienza, al sapere ciò che si è, di ciò che si vuole.
Giovedì 14 marzo, DELL’INDIFFERENZA IN MATERIA DI PAROLA
Dottrina, disciplina, sistema, sono aspetti differenti che partecipano comunque sempre della stessa condizione e cioè la finibilità, la finitezza, l’assenza di infinito. E quindi comportano, ammettono, esigono l’assenza di domanda, l’assenza di dispositivo, l’assenza del viaggio, l’assenza di vita se non come sopravvivenza, se non come trattamento del cadavere fino alla sua tumulazione. Se ciascuna cosa procede secondo l’idioma dalla sua causa alla sua qualità, di cosa può esservi coscienza? Ora dunque la questione è: chi accoglie la scommessa della parola, chi accoglie la parola e la sua scommessa e chi ha i termini per farlo? Accogliere la scommessa vuol dire istituire il dispositivo della scommessa, il dispositivo del viaggio, per ciascuno. Questa è la questione della scommessa intellettuale, scommessa senza fantasma di padronanza, senza fantasma di mortalità, scommessa che procede dalla domanda e nella domanda, nel dispositivo della parola originaria.
Giovedì 28 marzo, I giovani, le donne, il viaggio intellettuale
Qualche giorno fa un’insegnante si lamentava, dinanzi alla difficoltà della nozione di tolleranza, dicendo che dopo un certo numero di ore, di lezione o quant’altro, la sua testa era piena e non poteva farci entrare altre cose, sopra tutto se difficili. Quale idea della facilità e della difficoltà! Ma, soprattutto, quale, idea della sua testa! E come sarà la testa dei suoi alunni? Di che si tratta poi, quanto alla testa?
Ogni pretesto è buono quando si tratta di non mettere in questione un pregiudizio. Ma, consideriamo questa idea dell’accumulo che enunciava questa insegnante. “Le ore di lavoro affaticano, la testa è limitata, a un certo punto non si può più capire o fare niente”. È un’dea della macchina termodinamica, che esaurisce la sua energia e ha bisogno di combustibile man mano che lavora. Idea energetistica, idea meccanicistica del lavoro e della sua schiavitù.
Come intendere la novità della cifrematica, con questi pregiudizi?
Giovedì 4 aprile, L’INDIFFERENZA IN MATERIA DI RIUSCITA
Il viaggio è incessante: ciascuna cosa nuova non rientra nel novero di quel che si sa. Esige di venire affrontata, attraversata, capita, intesa, cifrata.
La difficoltà non è il limite della volontà o della possibilità, mai può convertirsi nell’incapacità. La difficoltà non è a misura d’uomo, impossibile da rappresentare. Come mai accade che ci sia chi si misuri come rapporto alla presunta difficoltà e stabilisca su questo il suo valore e la sua entità? La scommessa che procede dalla difficoltà è scommessa clinica, è scommessa sull’avvenire. E l’avvenire è indicato dalla clinica. Senza clinica niente avvenire. La clinica è la piega con cui le cose non finiscono (nel fantasma materno) ma proseguendo approdano alla cifra. Occorre il dispositivo dell’accoglimento. Occorre la scommessa, occorre lo statuto intellettuale.
Statuto intellettuale: cosa indica? Le cose non sono tali, non stanno, non oscillano tra il bene e il male, ma entrano nella procedura della qualificazione. La materia delle cose è la materia intellettuale.