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Dal 27 giugno, ciascun giovedì, ore 21, all’ex chiesa delle Zitelle, in via Ospedale 26, a Padova, con il Patrocinio del Comune di Padova, incontri nel laboratorio di dissidenza intellettuale, diretto da Ruggero Chinaglia, dal titolo
COME CAMMINARE NEL CIELO
interventi di
- Simone Barison
- Fernanda Novaretti
- Sabrina Resoli
- Maria Antonietta Viero
membri dell’associazione di cifrematica a Padova
Giovedì 20 giugno, La dissidenza intellettuale
(tenuta all’Hotel Biri, piazzale Stanga, a Padova)
Non c’è cosa che si opponga a un’altra, se ha la sua sede nella parola. È questa la dissidenza intellettuale: situare ciascuna cosa nella sua sede originaria. Questa sede è la parola con la sua logica, che è dissidenza in quanto è particolare a ciascuno. Secondo la logica, le cose si dispongono nella struttura che, temporale esige ciascuna volta la qualifica. Ecco perché non c’è vocabolario di psicanalisi o di cifrematica e nemmeno vocabolario intellettuale. Impossibile avvalersi di chiavi di lettura, di significati preconfezionati da applicare in ogni caso. Il vocabolario sarebbe la negazione del testo della dissidenza in una lingua morta. Mentre quel che si dice, urgendo di qualificarsi, nella dissidenza contribuisce a inventare il glossario e il dizionario, senza terminologia. È una questione di narcisismo a imporre la precisione della parola: a essa segue la soddisfazione e il piacere. Con la precisione ciascuna cosa ha la sua sede intellettuale, che non è data una volta per tutte, ma segue la vicenda della parola. Dissidenza, idioma, logica particolare secondo cui la parola si rivolge alla cifra, senza luogo comune, senza consenso, senza dissenso.
La dissidenza intellettuale procede dalla solitudine, che è condizione dell’itinerario intellettuale e va in direzione della cifra. Quindi non è un viaggio verso la condivisione, verso la compartecipazione, verso la spartizione; né di un sapere, finalmente partecipabile, né di uno status, né di un essere, né di una situazione ideale, dove tutto vada da sé. La dissidenza intellettuale, cioè, incomincia dalla dissipazione delle mitologie ideali della vita facile, della vita finalmente assistita, dell’inquadramento, dell’automaticismo.
Giovedì 27 giugno, Perché siamo qui: il nostro progetto e il programma dell’avvenire
Con questo laboratorio si formula una scommessa intellettuale per alcuni, che è scommessa di vita. Questa scommessa si formula sul terreno della parola, sul terreno della nominazione e non può quindi prescindere dalla logica della parola né da chi a questo ha dato e dà un contributo essenziale. Questa ricerca non è antropomorfica: non significa l’uomo, né è significata dall’uomo. Non deve significare l’appartenenza al genere umano né confermare l’umanità, l’umanesimo, l’umano. Da qui prende avvio la ricerca analitica e clinica che ha preso il nome di cifrematica per indicare la cifratura che esige l’astrazione e l’automazione: due procedure, una puntuale che indica la singolarità e l’altra temporale che indica la precisione con la semplicità.
Giovedì 4 luglio, La città senza il pregiudizio psichiatrico
Può essere soddisfatto il ricercatore della benevola accondiscendenza del dialettico, secondo cui ognuno rimane libero di credere o non credere?
La libertà non è di credere o non credere: la libertà è senza credenza, è virtù del principio della parola, per cui la parola originaria è senza origine.
Nella disputa fra intellettuale organico, impegnato e laico lo psicanalista occupa una posizione impossibile rispetto alla civiltà. Perché, non si tratta di civilizzare la città, il paese, il continente, il pianeta secondo il discorso dominante, il discorso del padrone, ma di indicare la direzione secondo la civiltà della parola. La civiltà, cioè non è l’economia dello sforzo, della ricerca, della scrittura; non è l’abolizione della parola a favore della velocità e della rapidità di esecuzione, senza comunicazione, senza scrittura, senza lettura.
Giovedì 11 luglio, La città, la società, la vita senza il pregiudizio della possessione
Chi può astenersi dal domandarsi, giorno per giorno: “A che punto mi trovo del mio progetto? della mia vita?”.
A che punto. Qual è l’oggetto. Qual è la causa. Differente dal chiedersi quale sia l’origine e che cosa dovrebbe cambiare per consentire l’attuazione del progetto ideale.
Ora noi siamo a questo punto e ce lo chiediamo, in un processo di astrazione che ci consente di non impastoiarci nelle trappole della credenza, di non animalizzarci nella morale vigente. Di non chiuderci nella debole fortezza dell’autonomia.
Con questo laboratorio si formula una scommessa intellettuale per alcuni, che è scommessa di vita. Questa scommessa si formula sul terreno della parola, sul terreno della nominazione e non può quindi prescindere dalla logica della parola nel dal nome di chi a questo ha dato e dà un contributo essenziale.
Giovedì 25 luglio, Come e perché la madre è essenziale per ciascuno
Non c’è relazione con la madre. Questa relazione, se ci fosse, sarebbe l’incesto. Per questo l’idea di questa relazione è assolutamente insopportabile. Ciascun discorso tenta di padroneggiarla, credendoci, e mette in atto i vari accorgimenti per evitare quel che non c’è, per evitare la predestinazione che non c’è. Ciò che è importantissimo considerare è che senza avere analizzato la famiglia, la sua fiaba, i ricordi, le credenze che ruotano intorno alla famiglia di origine, ognuno vive in un mondo fiabesco, irreale, che è la rappresentazione che segue all’applicazione dei ricordi. È chiaro che tutto appare molto realistico, verisimile e che ognuno sarebbe pronto a giurare e spergiurare che è l’Altro che è negativo, malvagio, terribile; che le cose stanno proprio così, che è tutto reale. E così diventa, in assenza di lettura, in assenza d’intervallo, in assenza di ascolto, in assenza di clinica. In assenza dell’Altro.
La mancata elaborazione della famiglia originaria conduce al fantasma del matricidio. La madre, nel mito non è umana. È immortale, indice del tempo, dell’altro tempo, tempo che non passa, che non scorre, che non finisce.
Giovedì, 1 agosto, L’amore. L’odio. Quale economia? Quale finanza?
Il regno dell’amore è il regno della morte. Che ne è del tempo nel regno dell’amore? Il tempo deve finire, la vita deve finire, l’epoca deve finire perché possa instaurarsi l’età dell’oro, l’età della purezza, la nuova vita. Così ogni amore è transitorio in vista di quello che sarà eterno, perenne. Ma questa perennità è sempre posta nell’avvenire, in un avvenire migliore, mentre nell’attuale è sempre coglibile il segno del male.
Tolta la madre, è impossibile il malinteso che funziona nella parola. E, quindi, vige la dicotomia chiarificatrice, la verità unica.