Da giovedì 6 novembre, alle ore 20,45, nella Sala “Ai caduti di Nassiriya”, in Piazza Capitaniato 1, a Padova, riprende il dispositivo di formazione e insegnamento intellettuale, Occasioni di parola, diretto dal Dott. Ruggero Chinaglia, medico, psicanalista, cifrematico, sul tema che ha come argomento di ricerca
LE RELAZIONI, LE IDEE, GLI STRUMENTI DELLA VITA – seconda serie
Le cose vanno e vengono. Risentono del movimento, del ritmo, della variazione, della differenza. Come fare? Come leggere quel che avviene? Qual è l’idea di sé per cui di fronte a un problema c’è il facile ricorso alla sostanza, ritenendosi incapaci di conseguire il risultato auspicato o di compiere il progetto in corso, nel viaggio stesso della vita?
C’è un problema! Come affrontarlo? La delega alla sostanza non toglie il problema. Resta l’esigenza di trovare il modo.
La questione ha una rilevanza sociale enorme. La modalità di cedere alla difficoltà o alle rappresentazioni del disagio, arretrando o assumendo sostanze psicoattive, ha sempre più sostenitori che la giustificano con le etichette più disparate: disturbi, sindromi o malattie. E ognuno se ne fa un alibi rispetto alla tenuta.
Ecco allora questi dibattiti, per avviare un’altra elaborazione rispetto alla mentalità vigente sull’uso e abuso di sostanze psicoattive, basate sull’idea di una carenza di sé o dell’Altro, con conseguenze catastrofiche, soprattutto per i giovani e il loro avvenire.
Questa serie d’incontri propone una scommessa culturale che tiene conto dell’Humanitas, nell’accezione più ampia, per cui si tratta di ragionare per capire e capire ragionando. Ciò che importa è la domanda in atto per ciascuno.
Giovedì 6 novembre, Il successo
J. Lacan disse che se la psicanalisi avesse avuto successo, se fosse diventata una cosa “di successo”, ciò avrebbe significato che aveva fallito. Aveva inteso che l’idea di successo è collegata a una rappresentazione della fine, della staticità, dell’immobilismo, di qualcosa quindi che non ha più il carattere dell’esperienza che si scrive e si qualifica. Oggi può dirsi la stessa cosa a proposito dell’abbraccio tra filosofia e psicanalisi. Il presunto possibile dialogo tra filosofia e psicanalisi. Se il filosofo filosofeggia sulla psicanalisi, la psicanalisi è data per finita. Il piacere del filosofo sta nel potere considerare la psicanalisi come una disciplina. Chi si presta a questo contribuisce a mortificare la psicanalisi.
Giovedì 13 novembre, Il pericolo chiamato inconscio
Dove si affronta la questione del ragionare senza paura. Forse l’immane quantità di psicofarmaci consumata con formidabile faciloneria dipende proprio da questo? Il problema di ogni umano è che ciascun intervento dell’Altro, di ciò che funziona come Altro nel Pragma è avversato dalla coscienza, che per comodità, il discorso dominante ha chiamato coscienza collettiva; facendo poi seguire anche un immaginario collettivo, il simbolico collettivo, fino a un presunto quanto assurdo inconscio collettivo.
Giovedì 20 novembre, Il rendimento, l’efficienza, l’efficacia. Quale benessere
Benessere, lavoro, impresa compongono la trilogia del mito dell’uomo “consapevole di sé e della sua forza”, dell’uomo che si affranca dalla dipendenza divina e compie l’impresa eroica vincendo la paura e il “volere del fato”. Nell’epoca attuale le tre componenti si sono separate e c’è l’industria che si prende cura del benessere, il Ministero e innumerevoli agenzie di intermediazione che si occupano del lavoro, Enti autorizzati alla formazione di managers, imprenditori e quanti altri vogliano ridurre al minimo il rischio di insuccesso nell’impresa. Tendenzialmente prevale il riferimento alla prestazione che ammette il potenziamento della competenza e della efficienza con il ricorso a farmaci psicoattivi per cautelarsi dal vacillamento nel momento della fatica. Si tratta di un doping generalizzato che dalle competizioni sportive si estende e dilaga alla realtà del professionismo per l’aumento dei risultati. Se ne avvale il professionista per non sentire la stanchezza e mantenere alta la vigilanza e non incorrere in fallacie, il venditore per mantenere la brillantezza, lo studente che supera esami a raffica. Ogni strato sociale è attraversato dall’ideologia che l’impegno e lo sforzo non bastino nel momento della prova perché è meglio munirsi della pillola che “innesta la marcia in più”, anche per risolvere quasi per magia il più piccolo problema, senza capire da dove proviene la difficoltà. Anche sui bambini, l’attenzione si dedica sugli psicofarmaci pediatrici, suggerendo sempre più numerosi motivi per usarli. Così il bambino penserà che ciò che fa non dipende da sé, ma da chissà che, e che può imparare o migliorare prendendo le pasticche. Procedendo di questo passo, quale vita si prepara per l’avvenire?
Giovedì 4 dicembre, Il lavoro e l’usura
Ogni rappresentazione, ogni concetto, ogni modo di dire tentano di fare combaciare i lembi del reale che si enuncia con il “non”, nell’impossibile della rimozione e della resistenza. Sono i lembi di ciò che sta sul bordo della pulsione e sul sentiero della pulsione. I lembi di ciò che differisce e i lembi di ciò che varia. L’idea di soluzione sorge per cercare di saldare questi lembi e chiudere il varco dell’equivoco, della menzogna del significante, effetto della sua differenza da sé, il varco del malinteso. La concettualizzazione è impossibile, la struttura della sintassi, della frase, del pragma producono metafore, metonimie, abusi linguistici. Carica/scarica. Il modello vigente di vita è quello energetistico.
Infatti, constatiamo che, ogni forma di pubblicità, ogni messaggio nella scuola, nell’azienda, nella società, a parte qualche eccezione, propone un modello di essere, un modello di uomo, un modello di vita che dovrebbe conformarsi alla termodinamica e alle sue oscillazioni: possibilismo, probabilismo, potenzialità, nel contesto di una sistematica ideale. Ogni cosa, la famiglia, il lavoro, la vita, la società è riportata a un modello ideale di sistema.
Giovedì 11 dicembre, Lo scambio
Come accade che la punta dell’intelligenza soggettiva sia posta sull’abilità d’ingannarsi? “Se hai paura convinciti che non devi averne e sarai a posto”. È la formula dell’imbecillità. Il soggetto imbecille ha paura, ma “potrebbe” convincersi di non averla. E allora perché ha paura? Come mai viene tanto pubblicizzato l’auto inganno anziché la necessità di capire? Senza tenere conto della logica della parola, del modo della parola, senza tenere conto dell’incidente di traduzione in quel che avviene. E viene volto in disturbo ogni incidente di traduzione. Lo scambio è nell’atto di parola, non è fra Tizio e Caio. “Scambiamoci qualcosa, tu cosa mi dai?”. “Tu cosa sai? Cosa mi dici?”. Non è questo lo scambio. Ecco la conversazione, senza più botta e risposta. Non c’è più rivelazione. Non c’è più chi sa e chi aspetta che gli venga detta la verità.
Giovedì 18 dicembre, Gli strumenti della vita
I mezzi della parola sono le sue particolarità. Secondo le particolarità s’instaurano gli strumenti della parola. Gli strumenti sono ciò che serve alla costruzione. La costruzione si avvale degli strati infiniti di ciò che si scrive, un palinsesto infinito di ciò che si struttura e si scrive. E ciascuno strato si integra con quelli precedenti: questa integrazione vanifica la cronologia a vantaggio della costruzione integrale, nell’intero. Procedere per integrazione che cosa comporta? Impossibile la resa dei conti, impossibile la somma algebrica, il cui modello è l’equazione algebrica che deve azzerare, parificare, omologare.