Giovedì 30 ottobre alle ore 20,45, nella Sala (“Ai caduti di Nassiriya”), “Anziani” di Palazzo Moroni per maggior capienza posti, a Padova, si tiene il dibattito organizzato dall’Associazione cifrematica di Padova con il Patrocinio del Comune di Padova, dal titolo
IL SUCCESSO, LA DOMANDA, L’AIUTO
Implicazioni culturali e sociali dell’abuso di sostanze psicoattive
Intervengono
- Ruggero Chinaglia, psichiatra, psicanalista
- Sergio Dalla Val, cifrematico, giurista
- Stefano Grigoletto, farmacista, assessore del Comune di Padova
Con questo avvenimento prende avvio un’iniziativa che si articola in più appuntamenti e che mira a porre all’attenzione della cittadinanza un problema di grande diffusione: l’abuso di sostanze cosiddette psicoattive. Si tratta di numerosissime sostanze, dall’alcol, al fumo, alle droghe, agli “integratori”, a molti psicofarmaci, e altre ancora.
Queste sostanze sono per lo più ricercate per via dei loro effetti che possono essere stimolanti, euforizzanti, disinibenti, possono procurare resistenza alla fatica, alterazioni sensoriali, ebbrezza, effetti di rilassamento, di calma, di benessere, di eccitazione, sensazioni di maggiore acutezza intellettiva, prestanza, coraggio, insonnia o induzione del sonno. La gamma è ampia e moltissimi sono quindi i motivi per cui queste sostanze vengono impiegate, anche se il danno alla salute è di gran lunga maggiore dei presunti benefici.
Molto spesso, sono anche offerte o proposte, come tentativo di aiuto, per superare vere o presunte difficoltà che s’incontrano dinanzi alle cose della vita, o come modo della facilitazione alla “socializzazione”.
Il dibattito si rivolge, quindi, a insegnanti, medici, educatori, genitori, studenti, lavoratori, professionisti, imprenditori, manager, a quanti cioè s’imbattono, ciascun istante della vita, nelle vicissitudini della domanda, propria o altrui, in relazione all’esigenza di riuscita. E si rivolge anche a coloro che vivono nella routine dei loro acciacchi accettandoli come cose naturali, o hanno la supponenza di pensare o dire che “tanto sono le solite cose che già si sanno”, e preferiscono continuare a credere nelle convenzioni dettate dalle loro superstizioni.