- ATTIVITÀ ANNO 2015
- Il Sé. Tu, Io, Lui
- L’inconscio, la scrittura 1
- La promessa della felicità
- L’inconscio, la scrittura 2
- Il disagio, la difficoltà, lo stress e l’abuso di sostanze psicoattive
- La festa, la sessualità, l’odio
- La scuola e le sostanze di uso voluttuario
- L’interlocutore per la salute. L’interlocutore per la vita
Da maggio a luglio 2015, ciascun giovedì alle ore 21, prosegue la serie, di incontri, presso la Sala di Palazzo Eurobuilding, in Largo Europa 16, 1° piano, scala A, a Padova, tenuti da Ruggero Chinaglia, medico, psicanalista, cifrematico, sul tema
L’INCONSCIO, LA SCRITTURA – seconda serie
Questi incontri si rivolgono a chi è provvisto di curiosità e spirito costruttivo e non si accontenta del dibattito televisivo, né della versione canonica dei “fatti”, né delle verità condivise e accettate, né della vita standard. I modi di dire, i proverbi, i luoghi comuni, gli slogan sono pretesti per la ricerca, perché la verità si effettui. La verità non ha amanti, ma ricercatori. Proponiamo una ripresa del termine inconscio, per indicare la sua attualità e la sua imprescindibilità dall’atto di parola. Non c’è modo di sbarazzarsene anche tentando di negarlo.
La conclusione, il compimento, il risultato esigono la scrittura. La scrittura, che non è “la parola scritta”, esige il processo interminabile della qualificazione e della valorizzazione. Come avviene? Come si scrivono le cose? E dove? E quando? Qual è la sua lingua?
Quando il motto “Una volta per tutte” si apre al caso di “questa volta”, allora può cominciare la scrittura. Quando il fare non è rivolto alla sua fine, come dice il motto: “Non vedo l’ora che sia finita”, ma la domanda, l’esigenza, l’occorrenza, secondo il disegno e il programma, non possono essere rimandate, allora c’è la chance che esse si scrivano. Senza alternativa fra il compito e il dovere. Molti si attendono dall’avvenire frutti copiosi, abbondanza di risultati, una vita migliore, ma come si dispongono a questo? Secondo quale logica? Niente avvenire, senza la scrittura.
Attraverso vari temi, tra cui: Dove sta l’inconscio – Le donne, la differenza – Il mito di Penelope – La realtà e il reale – Il vento e la fronda – Il filo della scrittura – Il posto e la posizione – Cosa si scrive? – Iniziare e finire, cominciare e concludere – Il giusto e la giustizia – Il lieto fine, è affrontata la questione della formazione intellettuale che sta alla base di ciascun lavoro, intrapresa o professione.
Dall’azienda, alla banca, alla scuola, al tribunale, all’ospedale, alla pubblica amministrazione l’assenza della formazione alla parola trae con sé la fantasmatica della palude, o della vita infernale, che invoca per lo sbocco un incantesimo o la sua fine, come in ogni fiaba.
Giovedì 7 maggio, La scrittura e l’evidenza scientifica
L’impostazione chiamata scientifica, che corrisponde in realtà all’impostazione sperimentale e organicistica, concepisce la scrittura come una facoltà: la facoltà di stilare l’elenco dei dati conosciuti di un accadimento considerato fenomeno. In questa impostazione la scrittura avviene per accesso diretto; sarebbe una conseguenza dell’accesso diretto alla conoscenza. In assenza di accesso diretto, niente scrittura: questa è la conclusione del fantasma materno, che è anche il fantasma dell’accesso diretto.
Giovedì 14 maggio, Oralità e scrittura. La prosopopea
Idealmente ognuno pensa e ritiene che le cose siano e stiano. Per questo pensa e ritiene anche che è inutile analizzare, indagare, porre il questionamento in relazione ai “propri pensieri”. Il personaggio ritiene che non sia il caso d’indagare sulle cose in cui s’imbatte. E cerca l’autore. Che diventa l’autore del suo male. Così, il personaggio, dice che l’intrico delle cose è un rebus; ma ciascuna cosa è rebus. Facendone una figura retorica, il discorso occidentale, fa della prosopopea una caratteristica del soggetto, del personaggio che si rappresenta la sua specularità con un altro, tolto lo sguardo.
Giovedì 21 maggio, Cominciare e concludere. Iniziare e finire
L’abitudine, il pregiudizio, il riferimento, la presa di coscienza, l’evidenza scientifica, la scientificità, rispondono alla razionalità secondo l’algebra o secondo la geometria, non secondo il numero (inconscio). Razionalità secondo la gnosi, secondo il passato, secondo il paragone all’animale di riferimento. Iniziare e finire, cominciare e concludere non sono sinonimi. Iniziare è per finire. La velocità è intesa come modalità per fare prima, per finire prima. La conclusione, differentemente dal suo concetto, esige la non accettazione intellettuale dell’idea di fine, di soluzione, di pena. Senza la mitologia della salvezza.
Giovedì 28 maggio, Il ragionamento
Il ragionamento non è la previsione, né il calcolo probabilistico sul destino, cioè se quella tal cosa andrà bene o andrà male. Così, il ragionamento è escluso dalla presenza della paura e dall’alternativa esclusiva. Niente ragionamento senza azzardo. Niente ragionamento senza l’aritmetica della parola. Quindi senza apertura: esso esige quindi il due e il suo modo. Il due è la logica dell’apertura. Il ragionamento è pragmatico, quindi sessuale, temporale.
Giovedì 4 giugno, Il disagio e la generosità
Il disagio è l’ambiguità costitutiva della parola che procede dal due. Procedendo dal due ciascun termine esige di qualificarsi e può qualificarsi. Non per inerzia. La pulsione procede dal disagio. Il disagio è essenziale, con il dubbio da cui procede il dire e il racconto. Lasciare che il chiarimento giunga, che l’articolazione proceda lungo il racconto, che le questioni si svolgano e trovino la loro cifratura, è questione di generosità, che è essenziale per l’interlocuzione e per il procedere della ricerca e dell’impresa.
Giovedì 11 giugno, La forza e lo stress
Nell’epoca che privilegia l’energetistica, il principio di fine dell’energia, con la sua contabilità e la sua incessante economia, la nozione di pulsione è per lo più incomprensibile o quanto meno trascurata e banalizzata. Pulsione, anche quindi tensione, rivoluzione. Questa nozione, è senza sistema di riferimento, senza assi e coordinate cartesiane, senza statistiche e senza ipotesi di ripetibilità. Il dispositivo di forza esige il progetto e il programma, e la loro scrittura, senza l’idea di fine.
Giovedì 18 giugno, Salute o salvezza? Perché ogni buon soggetto spera nella salvezza
La salute non procede dallo scongiuro o dall’esorcismo, o dallo sperare nella buona sorte, ma è istanza di qualità, esige pertanto la domanda, la costruzione, il progetto e il programma, secondo la logica e secondo l’analisi.
L’idea di salvezza procede dall’idea di fine, di male, di origine. La questione dell’abuso di sostanze psicoattive non si può affrontare senza la battaglia intellettuale, senza tenere conto che la battaglia è secondo l’analisi. Si tratta della battaglia per la vita, per la qualità della vita, per la salute.
Giovedì 25 giugno, La scrittura del teorema della sostanza
Interventi di Fabrizio Moda, Sabrina Resoli, Daniela Sturaro.
È constatabile che viviamo in una società in cui vige la credenza nel principio della conversione dal male al bene. Per automatismo, senza dovere attraversare ciò che s’incontra lungo il cammino e il percorso. E questa conversione sarebbe operata per ognuno dal ricorso alla sostanza legale o illegale. Non si tratta, sia ben chiaro, di essere favorevoli o contrari all’uso di sostanze; nessun proibizionismo ha mai contribuito a diminuire il ricorso a sostanze psicoattive. Il nostro è un contributo all’indagine per capire quali mitologie, quali fantasie, quali superstizioni, quali ideologie siano coinvolte nel ricorso alla sostanza. La cosa più immediata è la mitologia della soluzione: ognuno invoca la rapida soluzione ai quesiti, ai problemi che incontra, senza dovere attraversarli, ma per scavalcarli.
Giovedì 2 luglio, Il caso è clinico. Senza gravità
Ognuno chiede di stare bene, come se ciò non dipendesse dalle cose che dice e che fa, dal progetto e dal programma della sua vita, dal modo con cui affronta ciascuna circostanza. Ognuno chiede di stare bene e “vuole” stare bene. E pretende che il compito non sia suo, ma di un agente del bene, di un agente del benessere che deve esercitare il suo potere su di lui, a fin di bene. È l’agente investito del compito della salvezza. Se questo non si verifica, se il risultato non è conforme a quanto auspicato, questo va attribuito alle carenze dell’agente, il soggetto è comunque salvo.
Stare bene o stare male non introduce al caso clinico, ma alla statistica. Affermare di stare bene o di stare male è un modo per tagliare corto rispetto alla questione del caso clinico: di cosa si tratta in ciò che sta accadendo. La tipologia del bene o del male risponde alla morale sociale o civile con cui si giustifica l’angoscia.
Giovedì 9 luglio, L’analisi e la cifratura: la scrittura dell’inconscio. Non c’è più trattamento
L’idea del trattamento è soggettività, è fantasma di transitività, indica l’azione transitiva diretta al soggetto che la subirebbe. La parola è tolta: non importa più quel che si dice, come si dice, la fantasia che procede dal dire; non importa più l’idea come ciò che è da esplorare, analizzare, assolvere. Importa il detto, il fatto, chi l’ha detto e chi l’ha fatto. È questa l’idea del trattamento: trattamento di sé e trattamento dell’Altro. Trattamento che indica la necessità di purificare, sanare, guarire; nell’idea di “trattamento”, come nel duello e nel litigio, si tratta dell’idea di soluzione: il taglio gordiano che dovrebbe attribuire la verità, sciogliendo l’intrico.
Giovedì 16 luglio, Il mito della famiglia
Il gioco a papà e mamma istituisce l’alternativa per ognuno che si rappresenta come figlio di papà o figlio di mamma. Il gioco a papà e mamma introduce al discorso genealogico, alla ricerca dell’origine, alla sua rappresentazione.
Invece, la famiglia, con il suo mito, trae all’interlocuzione per una scommessa di vita in ciascun caso. Non c’è più la fantasia dell’utile o il vantaggio dell’uno e il disutile o lo svantaggio dell’altro, ma la scommessa per la riuscita. La riuscita non è già significata, non è un concetto rappresentabile in una categoria positiva o negativa, non rientra nell’anfibologia. Il mito procede dall’apertura, dall’inconciliabile, è senza alternativa, trae all’esempio di qualità. Il mito vanifica la ragione della paura.
Giovedì 23 luglio, “L’uomo nero”. Fantasia del bambino o della mamma?
L’orrore si presenta quando l’apertura è tolta per l’azione della dicotomia che produce l’eventualità della fine e quindi scatena la paura. L’orrore avviene quando si propone la filiazione genealogica. L’orrore è la conseguenza della presunta dissipazione dell’integrità, quando cioè il fantasma materno prende il sopravvento e il soggetto crede di padroneggiare la scena con la sua fantasmatica. Per l’orrore, ognuno crede di “esistere” e i mostri costellano l’esistenza. L’esistenza è antropomorfismo, quindi rappresentazione, negazione della parola a favore di un fantasma di padronanza. Per ciascuno la storia comincia con il padre. Con l’instaurazione del padre. L’instaurazione dello zero. Allora, ciascuna cosa si staglia sul nulla e ha come panorama l’infinito.
Giovedì 30 luglio, Il modo e il tono
In assenza di rimozione, quindi, d’incominciamento, ognuno crede nell’esistenza delle cose. E si adegua all’esistenza. L’esistenza è antropomorfismo, quindi rappresentazione, negazione della parola a favore di un fantasma di padronanza. Il realismo realizza il fantasma materno, come fantasma di padronanza e di genealogia. Il realismo per cui le cose stanno in un certo modo e non si dà il caso di un altro modo. Nel realismo non c’è tono e l’altro modo è la morte.