18 novembre 2010
LA LEGGEREZZA
Testimonianza di Sabrina Resoli
Senza leggerezza, ritenendomi gravata da un peso insostenibile, imboccai una via che non sapevo dove avrebbe condotto. “Via di qua, soltanto via di qua.”, mi ripetevo, citando quel brano di Kafka che, da ragazzina, avevo trascritto sulla parete della mia stanza.
Ignoravo che quel passo inaugurava il viaggio della vita, o meglio, il suo itinerario, finalmente, dopo tanto cercare.
Il cercatore non sa quel che cerca, e se ritiene di saperlo, è un abbaglio. L’oggetto della ricerca è ciò da cui la ricerca muove, è ciò che la provoca, sta, per così dire, alle spalle; non ricade mai sulla ricerca, chiudendola. La ricerca non finisce, e questa proprietà della ricerca, proprietà del viaggio, contribuisce a dissipare il fantasma di fine, l’idea di morte che tante forme, tanti innocenti travestimenti spesso trova, costituendo, qui e là, qualche intoppo, qualche inciampo, qualche invischiamento. Intoppo, inciampo, invischiamento che, tuttavia, nel dispositivo analitico, costituiscono ulteriore pretesto per la ricerca, occasione per il proseguimento, “esercizio letterario”, come dice Erik Battiston nella Città moderna.
Il cercatore ignora ciò che sta cercando, ma, in virtù di questa ignoranza, trova. E ciò che trova è un effetto. Lungo l’itinerario giungono, come constatazioni, gli effetti della parola, effetti di senso, sapere, verità. Per via di questi effetti quel peso che trovavo insostenibile all’inizio del cammino, passo passo si dissipava, a mano a mano che si evidenziavano i suoi elementi fantasmatici, e, cosa che per me aveva elementi del miracoloso, questo avveniva, per dir così, “contro la mia volontà”, ossia senza che la cosiddetta volontà, buona o cattiva, c’entrasse per nulla. Per la prima volta constatavo che ciò che accadeva non risentiva del discorso morale intorno alla colpa e alla pena, e delle sue rappresentazioni. Era la prima lezione, la prima acquisizione: non c’è più soggetto, volente o nolente, soggetto del controllo da subire o da esercitare. Il controllo è impossibile, come dimostra l’impossibile controllo sulla parola. Non c’è il soggetto parlante, che padroneggia la lingua e sa cosa vuole dire: le cose si dicono, parlando. Accogliendo questo “si dicono”, reperivo gli elementi della seconda lezione: l’ascolto richiede l’instaurazione dell’Altro e delle sue virtù, umiltà. generosità, indulgenza.
Lasciavo fardelli lungo la via, e ancora, tornava alla mente quel brano di Kafka: “Dove vai signore?… Non hai provviste con te” – “Non ne ho bisogno. Il viaggio è talmente lungo che nessuna provvista mi può salvare”. Si affacciava infatti la terza lezione, intorno alla provvidenza. Le acquisizioni esigevano di scriversi e urgeva il fare: lo scambio, la promozione, l’organizzazione, l’instaurazione di dispositivi di collaborazione con interlocutori diversi, nell’istituzione e nell’impresa, e constatavo la provvidenza, ossia che, per fare, non occorre essere o avere. Gli elementi per fare si reperiscono man mano, facendo. La manna giunge nel deserto, cadendo dal cielo, non per chi si trova nell’attesa, ma per chi si trova nel viaggio, brigando, questionando, battagliando. Non c’è l’inabile a fare, il soggetto sprovvisto di talenti, semplicemente i talenti si reperiscono, nell’occorrenza.
Mi trovo qui, ora, “nel mezzo del cammin” e, sì, come per Dante, accade che talora la via sembri smarrita. L’itinerario analitico non è salvifico, non si fonda sulla promessa di bene, sulla bugia che istituisce ora lo schiavo, ora il malato, ora il peccatore o l’incapace, non garantisce nulla. Sia avvia con la scommessa di riuscita, non con l’evitamento del male ritenuto necessario, come vorrebbe la psicoterapia. Prosegue per l’istanza di qualità, di aumento, di crescita. Prosegue perché la dissidenza non è un optional, ma una constatazione, è inevitabile. Prosegue magari perché un tempo, da bambini, quando si decide come vivere, si è deciso di vivere senza barare, quindi prosegue per onestà. E l’onestà è intellettuale, e intellettuale è il modo, non un’etichetta di cui fregiarsi o una qualifica acquisibile una volta per tutte.
Intellettuale è il modo e questo modo esige il dispositivo analitico, esige un esercizio incessante: e questa è la quarta lezione, quella attuale: la salute sta nella tenuta intellettuale e nella tensione che comporta. Il brano di Kafka si conclude così: “Per fortuna è un viaggio veramente straordinario”, e, aggiungo io, il bello deve ancora venire.