- ATTIVITÀ ANNO 2009
- La scuola del disagio e dell’ascolto
- L’altra lingua e l’ascolto
- La cifrematica scienza della vita
- L’amore e la crisi
- La scienza e la crisi
- Quale scienza quale vita
- L’intellettualità e il piacere
- Esperienza e clinica della psicosi in Svizzera
- L’altra lingua e l’ascolto
- L’arte e il diritto
- L’allegria e l’aritmetica della vita
- Perché la cifrematica?
- Pirandello, l’amore, l’inconscio
- La letteratura, l’amore, il piacere
- Il giornalismo, la satira, la politica
- Le proposte dell’avvenire
Laboratorio della modernità tenuto da Ruggero Chinaglia, ciascun giovedì alle ore 21, dall’ 8 gennaio 2009 alla Sala Prandina, a Padova con il patrocinio del Consiglio di Quartiere, 1 Centro, sul tema
LA SCUOLA DEL DISAGIO E DELL’ASCOLTO – terza serie
In questo laboratorio, il terzo dal titolo La scuola del disagio e dell’ascolto , è affrontata la questione della parola come questione intellettuale e come possa intervenire nella scuola intesa come dispositivo che procede dal disagio originario della domanda e che esige l’instaurazione dell’ascolto. La parola, con la sua logica e la sua struttura comporta l’esigenza dell’ascolto che “normalmente” è del tutto trascurata, a favore della classificazione del “detto” nel prontuario psicopatologico. Importa capire e intendere, più che sapere. La presunzione di sapere, accompagna la presunzione di essere, con la conseguente sordità, a scapito dell’umiltà e della generosità. Come la scuola si situa nella parola? Attraverso quali dispositivi assicura ai giovani la formazione intellettuale? Il laboratorio affronta le questioni essenziali per la scuola che si rivolga alla qualità.
8 gennaio, Chi intende? e quali programmi?
C’è chi dice: “Prima devo capire chi sono, cosa voglio veramente, i miei limiti, le mie capacità, poi potrò allora formulare l’ipotesi del mio avvenire”. Ma, l’avvenire non è mio, tuo, suo se non nei termini della soggettività; nessuno dispone del suo avvenire, nessuno padroneggia il destino o l’avvenire. Divenire psicanalista, divenire cifrematico esige la formazione che procede dall’esperienza nella sua tripartizione e dai dispositivi opportuni. E non canonici.
15 gennaio, I dispositivi economici e i dispositivi finanziari. Quale educazione per l’approdo al valore
È in vigore, oggi, l’idea di crisi. Si tratta di un’idea apparentemente negativa, in quanto implica l’abolizione del sistema di riferimento delle abitudini. Ma, quello che apparentemente sembra un guaio ha la chance di volgersi in un’occasione pragmatica. Economia e finanza esigono il tempo, il numero, l’aritmetica, la struttura, la scrittura, per questo sono l’altrove. Esigono la questione intellettuale e i dispositivi opportuni perché la ricerca e l’impresa si scrivano.
22 gennaio, L’economia e la finanza. L’educazione al valore della vita
Si sente spesso parlare dell’esistenza di valori, di chi li possiede e di chi no. Ma, più che di valori nella vita, non si tratta del valore della vita? L’avvenire è di ciò che si valorizza, perché implica il modo di dire e di fare le cose, ossia il modo di vivere. Per ciascuno è essenziale accogliere la domanda, e intendere come volgerla in valore. Per l’instaurazione del valore assoluto, perché ciascuna cosa giunga al valore non si può prescindere dall’altrove della parola: altrove l’economia, altrove la finanza. Da dove vengono le cose, dove vanno: è la questione della condizione dell’avvenire, dell’andare. E dove si fanno? Dove si producono? Dove si concludono? Dove si compiono? Altrove: oltre la struttura. L’altrove comporta l’oltre la struttura, dove si scrivono, dove tendono a scriversi. Per intendere l’economia e la finanza nei termini dell’altrove, occorre tenere conto che la parola non è spaziale e quindi non è ontologica. La struttura non è la fine delle cose.
29 gennaio, La scuola per tutti o per ciascuno?
Come capire? Come intendere? Come ascoltare? Senza l’idea del bene o del male dinanzi, senza ritenere di dovere mediare fra il bene e il male. Senza la paura di sbagliarsi fra il bene e il male. La paura è l’unico freno alla riuscita, l’unico vero antidoto. Riuscita nella scuola, negli studi, nella vita. La scuola. La scuola dev’essere facile, accessibile a tutti? L’accesso indica la via e il modo del viaggio. Come potere presumere di spianare il viaggio? Sarebbe come toglierlo, toglierne l’istanza. L’idea che la scuola possa essere “per tutti” è la negazione della scuola, è la negazione dell’itinerario intellettuale che la scuola ha il compito di avviare. Dove sorge l’idea che qualcuno sia escluso? Il minimo comune multiplo, il minimo comune male, il massimo comune divisore. Quale arte, quale cultura, quale scienza potrebbero sorgere dall’applicazione di questa prescrizione alla comunanza.
5 febbraio, Comunemente… generalmente… normalmente… come e perché, nonostante l’epoca, il cervello non va all’ammasso
La psichiatria, la psicologia, con la loro trattatistica, puntano a prescrivere “a ognuno il suo ritratto” per indicare la corretta morfologia del ritratto sulla scia del Lombroso. Chiamano questa ritrattistica “personalità”. Il ritratto, la diagnosi. Di quel che si ha, di quel che si è. Con il ritratto, con la diagnosi la parola è estinta. Ritratto e diagnosi esigono il discorso di padronanza quale mondo conosciuto entro cui esercitare il pettegolezzo, il metalinguaggio. Il discorso su di sé, il discorso sull’Altro è metalinguistico, è pettegolezzo, è la psicopatologia. È il discorso fondato sulla prescrizione al plurale, che ingiunge la normalizzazione della differenza e della varietà, l’appartenenza alla presunta comunità, l’inserimento nell’insieme dell’equivalente generale dei tutti.
12 febbraio, La scuola senza etichette
Nessuno è tale, nessuna cosa è tale: per ciascuno la domanda si dirige alla cifra nel dispositivo intellettuale, a condizione però di non negarlo. Sin dall’età della scuola, e soprattutto nella scuola, accade che invece vengano adottati sistemi di riferimento per cui ognuno è passibile di etichetta: ogni etichetta contraddistingue un essere e la sua soggettività e, nella cosiddetta casistica psicopatologica scientistica, la sua personalità. Se queste etichette anziché rivolgersi con il transfert alla qualificazione, alla scrittura, alla valorizzazione si pietrificano senza equivoco, senza menzogna, senza malinteso, quindi senza metafora, senza metonimia, senza catacresi, allora la responsabilità, la capacità, il limite si personalizzano per dare luogo al soggetto irresponsabile, al soggetto incapace, al soggetto limitato.
19 febbraio, La necessità pragmatica. Come e perché l’educazione dissipa il tabù della vendita
Come valorizzare ciò che si incontra nel viaggio? Il dispositivo pragmatico implica l’accoglimento di ciò che è inaspettato, di ciò che non è già noto, ma è necessario. Come accettare l’indifferenza? La mediocrità seguirebbe l’indifferenza in materia di qualità, in materia di pulsione, in materia d’intellettualità. L’eccellenza, l’eccezione non sono confiscabili o toglibili. Tutto ciò sta nell’idea di conoscenza, nell’idea di potere rappresentarsi le cose, il destino, il valore. Come accettarsi mediocre? Accettarsi mediocre è accettarsi morto. È la mortificazione. L’educazione è il dispositivo nell’itinerario che si rivolge alla cifra. L’educazione partecipa quindi del rivolgimento verso la cifra. Quindi educazione intellettuale, educazione alla qualità, educazione al valore. Ma, quale educazione senza il compito, che è la proprietà del dispositivo? Quale educazione dove viga l’omertà? Dove la fiaba e la fabula non trovano il racconto?
26 febbraio, La direzione e la bussola. Schoolbrain
In che modo la scuola instaura dispositivi di direzione e di valore? In che modo il viaggio che si avvia è senza fine e senza spreco? In che modo il cervello è intellettuale? La scuola esige il suo cervello, la sua bussola, per trovare e indicare la direzione. La scuola: insegnamento e formazione, arte e cultura, cammino e percorso; chi insegna a chi? Nella nostra scuola s’integrano insegnamento e formazione, perché è la scuola della parola. E l’educazione segue il compito, che è la proprietà del dispositivo. L’idea dell’ostacolo non rappresentabile, non spaziale, non reale opera perché il viaggio sia narrativo, intellettuale. A questo vale il dispositivo di parola secondo l’industria della parola, secondo la logica della parola.